Voci dal bosco: Storie di antichi natali

Non so se hai mai provato a chiederti, da dove originano le feste che festeggiamo nel neo-paganesimo. Io amo questo genere di ricerche e ho trovato una cosa molto interessante. Ho infatti compreso l’origine del “rito” ovvero quando e perchè i nostri primissimi antenati preistorici, hanno sentito il bisogno di celebrarne uno e come questa struttura, sia arrivata fino a noi, passando dallo sciamanesimo, fino alla stregoneria medievale, attraverso l’uso del “mito” che ci tiene legati alle nostre radici primitive. L’elemento che è sempre presente nei riti è il fuoco, sicuramente come elemento trasformativo della materia, certo, ma forse anche per la sua importanza nella vita dell’uomo primitivo. Ora ti riassumo che cosa ho trovato.

Cominciamo infatti col dire che il fuoco e il fulmine possono essere considerati simboli di vita. Pensaci: che ne sarebbe stato dell’umanità se non ci fosse stato quell’evento miracoloso della scoperta del fuoco? Un attimo di luce, che ha rischiarato la vita e la mente dei nostri antenati. 

Molti studi ormai confermano che l’introduzione del fuoco nella vita primitiva permise infatti la formazione di una tribù più organizzata, in quanto si rese necessario istituire una o forse più, figure guardiane, che mantenesse accesa la fiamma donata dal cielo. Grazie al fuoco, la vita degli antichi migliorò in qualità e questo permise un miglior stato di benessere, potendo infatti stare al caldo in inverno e cuocere il cibo.

Secondo alcuni scienziati, e da ultime ricerche (se sei interessato/a c’è un sito interessante che si chiama “Lescienze.it”) la vita sembra sia iniziata quando una pioggia fulmini colpì il brodo primordiale, circa 4 miliardi di anni fa. Questo evento sembra abbia liberato il fosforo, indispensabile componente delle biomolecole di Dna e Rna. E così ci viene raccontato nel mito di Frankenstein, in cui si racconta che per dare vita a un corpo morto fosse necessaria una forte scarica elettrica, attraverso l’acqua. Il fulmine è dunque la scintilla della conoscenza, ciò che segna il confine tra l’essere animale e l’essere umano. E’ il serpente che porta la consapevolezza. Purtroppo oggi, questo vantaggio evolutivo, sappiamo che non è stato sfruttato sempre e solo per il bene, ma per dominare e raggiungere quel ruolo di supremazia sulle altre specie viventi, che sta distruggendo il pianeta.  

Ma torniamo a noi…

Le teorie antropologiche sostengono che il fuoco, come elemento naturale, fu visto e scoperto da un nostro antenato per la prima volta circa 1 milione di anni fa e che sia stato quello di un albero incendiato a causa di un fulmine.

Immagina di essere lì, e di vedere la scena e immagina lo stupore e la paura di un uomo dell’epoca, nel vedere il fuoco: una luce che illumina senza bisogno del Sole, portando il giorno nella notte, con tutti i benefici del caso, come ad esempio vedere bene il territorio e scorgere animali feroci in agguato. Un evento troppo importante per voltarsi e andarsene! Così, probabilmente qualche coraggioso uomo primitivo, affascinato dal fenomeno, si avvicinò e ne percepì anche il calore comprendendo quanto sarebbe stato utile nelle fredde caverne. (Facendo ricerche ho letto anche la teoria secondo cui sia stata una donna a prendere il fuoco perchè “più intraprendente”, e che mi ha ricordato molto il mito di Adamo ed Eva, ma credo che siano solo speculazioni senza alcuna base antropologica.) 

Continuiamo a ipotizzare cosa potrebbe essere successo seguendo le ipotesi degli antropologi: il nostro antenato prese un ramo infuocato e lo portò alla sua tribù, forse al capo, per mostrare l’affascinante e meravigliosa scoperta. Probabilmente quel ramo divenne il “fuoco madre“, dal quale accendere tutte le altre torce e che doveva essere tenuto sempre acceso in quanto nessuno di loro ancora sapeva come ricreare quella calda luce, che era fino a quel momento, un dono speciale arrivato dal cielo, qualcosa fuori dal controllo e della conoscenza umana. Questo semplice gesto diede probabilmente vita alla figura del guardiano del fuoco e alla vita “in cerchio“, infatti il fuoco divenne il centro della tribù attorno al quale venivano consumati i pasti e prese decisioni in merito alla sopravvivenza. Questa grande scoperta potrebbe aver creato il primo rito tribale, quello della custodia del fuoco! Il focolare, ancora oggi è il centro della vita di molti di noi, e lo è stato per secoli nelle modeste case dei contadini. Pensate a quanto, quell’albero infuocato, abbia influito sulle nostre vite e a quanto ancora in noi vivano i nostri antenati, grazie a dei piccoli gesti quotidiani come accendere una candela! Se ci penso mi vengono i brividi…

Quella scintilla, fu probabilmente considerata un dono del cielo, ma questo dono, di cui l’uomo si appropriò, utilizzandolo per la propria vita, nascondeva anche il tabù di essere stato sottratto alle Forze della Natura. L’uomo si appropriò di qualcosa di sacro, come in una sfida sacrilega.

L’albero del fuoco, il primo rito invernale.

Proprio sentendo il potere di questo dono e del tabù intrinseco, l’uomo cercò in qualche modo di restituirlo alle Forze, attaccando ad un albero scelto, forse dello stesso tipo che videro incendiarsi la prima volta, delle offerte e dei tizzoni per poi poterlo incendiare, e rimettere così in scena il mito dell’”albero del fuoco“, che divenne un vero e proprio rituale, in un preciso momento dell’anno, forse in inverno quando la vita era più dura e complicata e c’era bisogno di riappacificarsi con le Forze, inoltre, se il tizzone fu preso per il suo potere riscaldante, la prima qualità esperibile, dopo la luce, potrebbe risultare possibile che il periodo in cui questo fatto avvenne, fu quello freddo. Ma sono solo ipotesi..

La vita primitiva era molto difficile e ci fu un periodo particolarmente complicato da affrontare, quando il nostro antenato si spostò dalle zone sud tropicali per andare al gelido nord. Il clima era molto rigido soprattutto d’inverno e quello che dovettero affrontare i nostri antenati fu partecipare ad una natura in cui ogni cosa moriva, sia animali, che piante, che membri nella tribù. Il cibo scarseggiava e l’uomo pensò che fosse un punizione per aver rubato il fuoco del cielo, così, nel periodo più rigido dell’anno, diede vita al rito dell’albero del fuoco, che avrebbe ripetuto ogni anno, per fare pace con le Forze della Natura, probabilmente sacrificando anche qualcuno, e donando così il suo sangue alle fiamme.

Ci sono molte testimonianze sull’importanza del fuoco per l’uomo e sulla rimanenza di questo tabù rituale, del fuoco come dono divino: 
nella mitologia Persiana Ahriman scivola giù dal cielo e arriva sulla Terra e crea l’uomo, al quale dona il fuoco attraverso un albero in fiamme.

I Boscimani pensano che l’uomo abbia perso la sua condizione divina quando ha ricevuto il dono del fuoco.

Nel mito greco, Prometeo ruba il fuoco ai cieli per darlo all’uomo.

I riti del solstizio

Il rito dell’albero del fuoco serviva per onorare il Grande Spirito a cui seguivano le pratiche di custodia per diversi giorni. Questo rito è ciò da cui è nato poi l’albero di natale, che invece di essere incendiato, veniva decorato con le candele e oggi, che non abbiamo più guardiani del fuoco nella nostra tribù, preferiamo le più sicure lucine.  Derivato dal rito dell’albero del fuoco era anche il ceppo di Yule, anch’esso antenato dell’albero di Natale, che veniva bruciato per diversi giorni e bagnato con il vino. Questa ultima pratica potrebbe aver sostituito l‘uso del sangue, ed ecco perchè è possibile ipotizzare che sotto l’albero del fuoco, venisse sacrificato qualcuno, forse un bambino, e in un altro articolo dedicato all’albero di Natale, te ne parlo meglio.

Da ricordare anche, come discendente del rito del fuoco, il palo di Maggio: inizialmente di legno di quercia, veniva incendiato usando la tecnica dello sfregamento, ovvero provocando abbastanza scintille da farlo incendiare, unica tecnica ammessa per l’accensione fino a qualche secolo fa e che ricorda molto un lampo che colpisce e infuoca un albero, come a voler mantenere nella memoria quell’avvenimento miracoloso che cambiò la vita dell’umanità. Successivamente, al palo venne attaccata una ruota che rappresentava il Sole e che infuocandosi, simboleggiava la sua rinascita. Questa tradizione è ancora in uso in alcune zone dell’Olanda, come ad esempio la cittadina di Denekamp.

Il più famoso tra i riti del periodo invernale è probabilmente Yule, dal quale sono poi derivati molti simboli del Natale cristiano. Sembra che la tradizione del ceppo abbia origine Persiana e che si sia diffusa poi tra i popoli attraverso le migrazioni e gli scambi commerciali. 

La parola Yule potrebbe derivare dall’antico sassone hweol per indicare “ruota” o dall’olandese joel o jol per indicare la festa, associati anche al nome gotico del mese di dicembre juleiss.

Dunque ruota, proprio come quella che veniva attaccata al palo per rappresentare il Sole. La tradizione della ruota solare infatti richiama i riti del fuoco, quelli che nella tradizione celtica sono Imbolc, Beltane, Lughnasadh e Samhain, ovvero la simbologia antica delle stagioni, nonchè delle 4 età della natura e dell’uomo e quando viene fatta rotolare giù da un pendio, infuocata, rappresenta il cammino del sole e la sua potenza.

Anche in America al tempo dei coloni erano in uso queste tradizioni fino a che i puritani sbarcarono sulle coste e impedirono i riti derivati dall’antico culto. 

Il rito del fuoco con le sue numerose forme, si diffuse in ogni zona d’Europa, in cui ogni popolo adattò i riti in base alla propria cultura. 

Anche i Romani celebravano questo periodo con i Saturnali  adornando gli alberi con rami di sempre verde, carichi di doni utili alla vita invernale, e scambiandoli tra di loro come una vera tribù nel rito della strenna.  Inoltre in inverno, nella cultura romana, regnava il caos e i ruoli sociali si invertivano: il ricco diventava povero e viceversa, arrivando fino a nominare i signori del mal governo, ovvero dei re, che incarnavano e mettevano in scena le ingiustizie dei ricchi ai danni dei poveri. Questo si è poi evoluto nel nostro moderno carnevale, non che nell’usanza medievale di nominare, nel giorno di San Nicola, un ragazzo-vescovo a cui venivano dati i pieni poteri di questa figura, fino al 28 Dicembre. Non dimentichiamo poi il mito nordico del Re Agrifoglio e del Re Quercia, dove il Giovane sconfigge il vecchio Re e ne prende il posto, dichiarando la rinascita Solare e l’inizio della fine dell’Inverno. In passato probabilmente il Vecchio Re veniva ucciso veramente, donato in sacrificio, e abbiamo anche delle rimanenze di questo rito nella stregoneria medievale quando si parla del “sacrificio divino“. Se ti interessa l’argomento ho accennato alla cosa in un articolo dedicato a Giovanna D’Arco.

Torniamo agli antichi natali: la festa a Roma era chiamata die natalis sol invictus ovvero il giorno della nascita del Sole invincibile a cui fu poi sovrapposta la festa del Natale cristiano. La Chiesa infatti volle appropriarsi di queste feste così sentite tra il popolo, e distrusse tutti i simboli sacri pagani, come ad esempio gli alberi di culto, ma nelle campagne e in montagna le usanze antiche sopravvissero e poterono poi riemergere in un momento in cui la Chiesa fu più  debole. Ci sono moltissimi altri riferimenti al Natale, inteso come rinascita del Sole, ad esempio Horus in Egitto e il persiano Mitra

La diffusione e il mantenimento di questa celebrazione, dimostra quanto sia stata e sia tutt’ora importante per l’Uomo! Riaccende la memoria antica del primo fuoco, che ha reso possibile oltre che la vita sulla Terra, anche un rapporto più vicino con gli spiriti, attraverso i riti che ne sono seguiti. Chissà se questo avvenimento sia stata la radice della nascita del rito stesso! Di sicuro è stata la radice di alcuni dei riti che conosciamo oggi come ad esempio le celebrazioni del capodanno che sono gli echi degli antichi riti della fine dell’anno, quando i tamburi e i sonagli di ossa, scacciavano gli spiriti maligni e davano il benvenuto al nuovo sole con grandi rumori e frastuono.

Le offerte che attacchiamo ai rami del nostro albero non sono altro che le offerte che i nostri antenati attaccavano all’albero del fuoco, insieme al sacrificio di un membro della tribù e successivamente con i resti di animali cacciati, che con il fuoco sarebbero arrivati agli spiriti. 

E poi? I nostri raduni delle feste natalizie, non sono come gli antichi raduni delle tribù, davanti al fuoco, condividendo cibo e donando calore? 

Da quando ho compiuto queste ricerche il mio modo di celebrare il tempo del Solstizio è molto cambiato, ho sentito accendersi in me quel legame con il passato, anche solo accendendo una candela, e ogni volta che lo faccio mi torna in mente chi, prima di me, ha usato il fuoco per scaldarsi o illuminare una notte buia. 

Nel mio rito del Solstizio c’è sempre un momento che riservo agli antenati, e in questo caso in loro onore custodisco il fuoco per qualche ora e da quello stesso fuoco accendo altre candele che illumineranno la mia casa per i tre giorni che separano il Solstizio dalla rinascita. 

Se ti interessa l’argomento, trovi altre informazioni nel seminario dedicato al tempo del Solstizio invernale che puoi cercare in questa pagina: Ruota della Terra

Spero che questo articolo ti sia piaciuto e ti sia stato utile per avvicinarti un pochino in più al senso del “natale”. 

**Le informazioni che trovi in questo articolo sono tratte dai libri di Margaret Murray e dagli scritti di Tony Van Renterghen

Se conosci altre storie e informazioni scrivile nei commenti e grazie per aver letto fino a qui!

Lisa

Ricercatrice spirituale, artigiana, figlia degli Spiriti...

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